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La responsabilità patrimoniale diretta e indiretta delle imprese nel processo penale

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compenso-legale_largeLa responsabilità patrimoniale diretta e indiretta delle imprese nel processo penale.

A vent’anni dall’introduzione della responsabilità amministrativa da reato per le imprese (D.lgs n. 231 del 2001), permangono dubbi interpretativi e applicativi nella prassi quotidiana, soprattutto con riferimento alla responsabilità patrimoniale degli enti chiamati a rispondere, anche in via diretta, per i danni cagionati dagli illeciti commessi da coloro che operano all’interno degli stessi.

Il citato D.lgs. 231/2001 ha introdotto la responsabilità penale delle persone giuridiche (società, enti e associazioni anche prive di personalità giuridica) che possono essere chiamate a rispondere penalmente dei reati commessi da dirigenti, dipendenti e in generale da coloro che operano in nome e per conto della società.

La responsabilità in sede penale della società va ad aggiungersi a quella della persona fisica- imputata a cui è equiparata e coinvolge il patrimonio dell’ente. I presupposti perché venga contestata all’ente la responsabilità in forza del citato decreto sono i seguenti:

  1. la commissione di un reato (c.d. reato presupposto) indicato dalla legge (per citarne alcuni: concussione e corruzione; reati societari; truffa in danno dello Stato o di ente pubblico o per conseguire erogazioni pubbliche; ricettazione, riciclaggio o impiego di beni di provenienza illecita; omicidio colposo e lesioni colpose gravi e gravissime, commessi in violazione di norme sulla sicurezza sul lavoro, etc.).
  2. il reato deve essere stato commesso da un soggetto in posizione apicale (ad es. amministratore, legale rappresentante, direttore dell’ente) o da soggetto sottoposto alla direzione o al controllo del soggetto apicale;
  3. la commissione del reato deve aver procurato un vantaggio all’ente o deve essere stato compiuto nell’interesse dello stesso.

Ciò premesso, l’ente per andare esente da responsabilità deve dimostrare di aver adottato un modello di organizzazione e gestione idoneo a prevenire reati.

Un modello di organizzazione e gestione ai sensi del D.lgs. 231/2001 è un insieme di protocolli, che regolano e definiscono la struttura aziendale e la gestione dei suoi processi sensibili. Un modello tipico si compone di due parti:

una parte generale che descrive le caratteristiche dell’ente cui fa riferimento fornendo una visione d’insieme delle sue principali attività e competenze;

una parte speciale che descrive le fattispecie di reati specifiche per l’impresa e fa una mappatura della percentuale di rischio con cui questi possano essere commessi.

A questo si aggiunge l’elenco delle regole comportamentali che vanno a costituire il codice etico ed il sistema disciplinare dell’ente. La legge prevede anche che l’ente si doti di un Organismo di Vigilanza che è deputato al controllo sul funzionamento e l’osservanza del modello, nonché sul suo aggiornamento.

Per quanto riguarda le sanzioni, qualora, all’esito del processo penale, venga accertata la responsabilità dell’ente ex d.lgs 231/2001, la stessa produce sanzioni pecuniarie e interdittive che possono incidere in modo consistente sul patrimonio dell’ente.

Ciò premesso, esaminando la posizione giuridica rivestita dalla società nell’ambito dei procedimenti penali si assiste spesso ad una sovrapposizione di ruoli, potendo la stessa ricoprire simultaneamente il ruolo di “imputato” (che si affianca all’imputato-persona fisica), di persona chiamata a rispondere civilmente per il fatto di reato altrui e, talvolta, venire aggredita direttamente dalle richieste di risarcimento, mediante costituzione di parte civile, dei danneggiati dall’illecito commesso nel suo interesse o a suo vantaggio.

Invero, la facoltà per le persone offese o danneggiate, di esercitare l’azione risarcitoria diretta nei confronti dell’ente, sebbene non sia prevista dalla normativa ex d.lgs. 231/2001 e addirittura sia stata ritenuta preclusa secondo il più autorevole orientamento della Corte di Cassazione, è stata tuttavia riconosciuta in alcune pronunce di Tribunali, generando così prassi difformi ed incertezze con riferimento alla posizione giuridica delle società coinvolte nel procedimento penale.

D’altra parte, la società, anche nel ruolo tradizionale di responsabile civile per l’illecito commesso dall’imputato-persona fisica interno all’ente stesso (rappresentante, dirigente, dipendente), necessiterebbe di maggiori garanzie processuali del tutto equiparabili a quelle previste per l’accertamento della responsabilità civile dell’imputato-persona fisica.

Sul punto, rammentiamo che nelle ipotesi di costituzione di parte civile proposta dalla persona offesa-danneggiato nei confronti di colui che opera in nome e per conto della società, volta ad ottenere il risarcimento dei danni subiti, la società stessa può essere chiamata a rispondere in solido con l’autore del reato, come previsto dall’art. 538 comma 3 c.p.p, quando è riconosciuta la sua responsabilità. Ciò può avvenire anche nelle ipotesi in cui il reato commesso non sia ricompreso nell’elenco dei c.d. reati-presupposto previsti dal d.lgs. 231/2001.

Ebbene, nella prassi, purtroppo accade spesso che la chiamata in causa, quale responsabile civile, dell’impresa (spesso più capiente dell’imputato-persona fisica), avvenga, non solo al di fuori delle ipotesi di reato espressamente previste dal citato decreto 231/2001, ma anche senza che uno specifico addebito amministrativo le venga contestato da parte dell’organo inquirente.

È pur vero che l’impresa, chiamata in via indiretta a rispondere civilmente, qualora abbia risarcito il danno da reato, può in seguito rivalersi nei confronti del condannato-persona fisica, ma è altrettanto vero che la condanna dell’impresa stessa al risarcimento del danno in luogo di quest’ultimo può comportare un significativo pregiudizio patrimoniale, se non addirittura compromettere l’operatività della stessa (si pensi ad esempio al sequestro preventivo che può essere disposto nei confronti della società).

Da qui, l’esigenza di garantire l’applicazione alla società chiamata in causa quale corresponsabile civile delle norme che regolano il “giusto” processo penale previste per l’imputato-persona fisica, anche agli effetti della responsabilità civile.

Articolo redatto da avv. Silvia Meda,

per Studio Legale Iacangelo

 

 

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