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Quando la gelosia finisce in Tribunale

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Quando la gelosia finisce in Tribunale

Il reato di maltrattamenti in famiglia e’ integrato non soltanto dalle percosse, lesioni, ingiurie, minacce o privazioni, ma anche dagli atti di vessazione psicologica che si risolvano in una vera e propria, durevole, sofferenza morale. E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza n 20126 del maggio 2015, con la quale ha affermato che è reato condizionare il coniuge nella vita quotidiana e nelle scelte lavorative, sottoponendolo a continue vessazioni, evidenziando come la gelosia morbosa possa sfociare in una condanna penale, integrando la fattispecie del reato per maltrattamenti di cui all’art. 572 del Codice Penale.
La gelosia morbosa, che si manifesta con continue contestazioni di tradimenti inesistenti, ricerca incessante di tracce di relazioni extra coniugali attraverso il controllo di telefoni e computers, reiterate richieste di prova del DNA sui figli, controllo degli spostamenti ed orari di rientro, configura infatti, a detta della Suprema Corte, una vessazione psicologica punita dalla legge. Infatti la Suprema Corte precisa come “l’assillare costantemente la congiunta con continui comportamenti ossessivi e maniacali e tali da provocare in modo diretto importanti limitazioni e condizionamenti alla vita quotidiana e nelle scelte lavorative nonché “un intollerabile stato d’ansia”, sostanzia “la situazione di abituale fattispecie incriminatrice dell’art.572 c.p. (maltrattamenti in famiglia ), in quanto espressione di un evidente spirito di prevaricazione e fonte di un’intensa e perdurante sofferenza morale“.
Nel caso in esame, il comportamento ossessivo ispirato dalla gelosia morbosa, era stato tenuto da un uomo siciliano, che aveva fatto continue pressioni sulla moglie affinché abbandonasse il suo lavoro di hostess, ritenuto dal marito non adatto “a donne per bene”.
La Corte ha per questo annullato con rinvio, la sentenza con cui la Corte d’Appello di Palermo aveva assolto l’uomo dall’accusa di maltrattamenti ai danni della moglie, confermandone la condanna per atti persecutori inflitta dal Tribunale.

 

 

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