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Il reato di abbandono di incapace costituisce motivo di indegnità?

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La  Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 13266 del 28.04.22 ha ribaltato la decisione del giudice di primo grado che aveva accertato l’indegnità di un nipote a succedere in conseguenza della deplorevole condotta posta in essere nei confronti della zia, consistita nell’aver abbandonato e impedito, in quanto unico detentore delle chiavi di casa, che se ne potessero occupare gli altri nipoti: condotta inquadrabile nel reato di abbandono di incapace, sanzionabile ai sensi dell’art. 591 c.p. L’evento morte, nel caso di specie, non si è consumato grazie all’insistente intervento degli altri nipoti.

Secondo gli Ermellini, “le ipotesi di indegnità, giustificate dal comune senso sociale, ad ammettere che possa succedere alla persona offesa colui abbia commesso atti particolarmente gravi nei suoi confronti, non sono rimesse alla valutazione giudiziale, perché le ipotesi sono da ritenersi rigorosamente tassative e il relativo regime è di ordine pubblico.”

In altri termini, secondo i Giudici di legittimità, la legge esclude dalla successione come indegno colui che: 1) ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere la persona della cui successione si tratta, o il coniuge, o un discendente, o un ascendente della medesima, purché non ricorra una causa di esclusione della punibilità a norma della legge penale; 2) ha commesso, in danno di una di tali soggetti, un’azione alla quale la legge dichiara applicabile le disposizioni sull’omicidio.

Tra le varie ipotesi previste tassativamente dall’art. 463 c.c., dunque, è escluso l’abbandono di incapace di cui all’art. 463 c.p, a meno che come conseguenza non ne derivi la morte dell’abbandonato.

Per Studio legale Iacangelo

Avv. Daniela Mazzotta

 

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