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“Bamboccioni” e mantenimento: finiti gli studi hanno il dovere di trovarsi un lavoro

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In Italia il 66% dei giovani adulti vive con i genitori - La Gazzetta  Siracusana La Corte di Cassazione con ordinanza n. 17183 del 14.08.20 ha affrontato la questione del diritto al mantenimento del figlio maggiorenne, precisando i limiti entro cui  permane l’obbligo economico da parte dei genitori.

La Suprema Corte, segnando un cambio di rotta rispetto al passato, afferma che l’obbligo dei genitori di mantenere il figlio maggiorenne “non possa protrarsi oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura (…) in quanto “il diritto del figlio (al mantenimento) si giustifica all’interno e nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso formativo, tenendo conto delle sue capacità, inclinazioni ed aspirazioni, posto che la funzione educativa del mantenimento è nozione idonea a circoscrivere la portata dell’obbligo di mantenimento, sia in termini di contenuto, sia di durata, avendo riguardo al tempo occorrente e mediamente necessario per il suo inserimento nella società”.

Il Collegio, sottolineando la funzione educativa del mantenimento e richiamando il principio dell’autoresponsabilità del soggetto, puntualizza come il figlio maggiorenne, una volta concluso il proprio percorso formativo (qualunque esso sia) debba operarsi per rendersi autonomo, trovando un’occupazione e, se del caso, contemperando le proprie aspirazioni lavorative con le reali offerte del mercato del lavoro.

In altre parole, raggiunta la maggiore età e trascorso un lasso di tempo sufficiente dopo il conseguimento di un titolo di studio per inserirsi nel mondo del lavoro, non potrà più affermarsi il diritto del figlio ad essere mantenuto ad oltranza nell’attesa di reperire un impiego più aderente ai propri desideri e ambizioni personali, perché, dice la Cassazione, un figlio non può pretendere “che a qualsiasi lavoro si adatti soltanto, in vece sua, il genitore”.

Così la Suprema Corte ha rigettato il ricorso di una donna che contestava la decisione della Corte d’Appello di revocare l’assegno di mantenimento che l’ex marito versava in suo favore per il figlio: quest’ultimo, un uomo di circa 33 anni aveva da tempo concluso gli studi ed aveva trovato un’occupazione precaria come insegnante supplente, percependo un reddito modesto ma significativo, ragion per cui, secondo i Giudici, egli “eventualmente riducendo le proprie ambizioni adolescenziali, è tenuto a trovare il modo di auto-mantenersi, risultato che dipenderà dall’impiego profuso per incrementare le supplenze o integrare le proprie entrare con ogni opportunità disponibile”.

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